L'etica dell'AI secondo Fei-Fei Li.
In “Tutti i mondi che vedo” racconta la sua vita,
le sue scoperte scientifiche e la «rivoluzione tecnologica
che ha il potere di rimodellare la vita»
“Human-centered AI”: intelligenza artificiale incentrata sull’essere umano. Sta qui, in questa espressione quasi paradossale, l'importanza dell'approccio di Fei-Fei Li a una materia che sta diventando sempre più incandescente.
«In che modo l'AI, più di ogni altra cosa, può rispettare la dignità umana?», si chiede la scienziata statunitense di origine cinese, nel suo libro Tutti i mondi che vedo (edito in Italia da Luiss University Press). Se è vero che la nostra civiltà è «sull'orlo di una rivoluzione tecnologica che ha il potere di rimodellare la vita come la conosciamo», diventa indispensabile ragionare sul “contesto etico”: «Questa rivoluzione deve rispettare la dignità collettiva di una comunità globale. Questa rivoluzione quindi dev’essere incentrata inequivocabilmente sugli esseri umani».
Non pensate a un discorso moralistico o a una riflessione filosofica astratta. Parliamo di una donna di scienza, che si è letteralmente innamorata della fisica quando era una ragazza, è arrivata in terra americana da immigrata (con tutte le difficoltà del caso, che lei racconta) e si è resa protagonista di una carriera folgorante (ma senza facili compromessi).
Docente alla Stanford University, dove ha diretto l'AI Lab, autrice di oltre trecento pubblicazioni scientifiche, in passato ha anche guidato il team AI di Google, e nel 2023 è stata inserita da Time nell'elenco delle cento figure più importanti per l'AI nel mondo. Una pioniera dell'intelligenza artificiale, che però ha una solida formazione e propensione umanistica, che fa la differenza nel suo approccio.
Se il suo “Human-centered AI” suona vagamente paradossale, è solo per il modo in cui vengono generalmente comunicati i progressi legati all'intelligenza artificiale. Si parla spesso di AI come di una realtà in antitesi rispetto alla natura e alla società umana, quasi un possibile avversario, un futuribile nemico. Oppure si esaltano le sue avveniristiche possibilità, su cui vengono investite quantità enormi di denaro, a prescindere dal modo e il contesto in cui vengono sviluppate.
Ecco il senso dell'allarme lanciato da Fei-Fei Li, che però non fa del facile catastrofismo, anzi, sottolinea lucidamente le opportunità offerte da questa tecnologia, a partire da quella che chiama «intelligenza ambientale per la prestazioni di cure sanitarie», uno dei temi al centro del libro, una possibile soluzione ai numeri inquietanti sugli errori medici in ambito ospedaliero, dovuti a deficit di attenzione o protocolli applicati in modo sbagliato.
Questo libro è “un potente appello” - come la ha definito il Financial Times – a ragionare sulle motivazioni alla base dello sviluppo della tecnologia, ad ampliare «la nostra visione dell’AI perché includa esplicitamente un effetto positivo sugli esseri umani e sulle comunità», per cambiare il mondo i meglio.
Ma Tutti i mondi che vedo è molto più di un saggio scientifico o una riflessione filosofica ed epistemologica. È romanzo, diario autobiografico, racconto di una vita, cronaca (anche aneddotica) di una rivoluzione scientifica. È un intreccio di ricordi personali e riflessioni collettive che danno un'idea (iper)realistica di come funzioni davvero la ricerca scientifica. È un libro che vale come messaggio in sé, per il modo in cui è stato scritto e concepito.
Mai perdere di vista l'umanità delle cose, anche quando si parla di scienza e tecnica, e in particolare di intelligenza artificiale. Percorriamo la vita di Fei-Fei Li, anche gli aspetti più personali (come la malattia della madre), andando avanti e indietro nel tempo, mentre incontriamo i passaggi fondamentali della “rivoluzione”.
Scopriamo, passo dopo passo, come ha creato ImageNet, impresa formidabile e un po' folle, mentre capiamo che lo sviluppo dell'intelligenza artificiale è stato tutt'altro che lineare, anzi ha vissuto dei momenti di “morte apparente”, fino all'esplosione recente. «Ci è voluto più di mezzo secolo perché si verificassero le precondizioni necessarie – traguardi storici nell’evoluzione degli algoritmi, disponibilità di dati su vasta scala e la pura e semplice potenza di calcolo, che si sono trovati a convergere agli albori degli anni Dieci del nuovo millennio –, ma meno di cinque anni perché le capacità che hanno liberato cambiassero il mondo».
La ricerca ormai è uscita dai laboratori universitari ed è stata sospinta dagli investimenti iperbolici dei giganti del tech, oltre a start-up di ogni tipo, generando anche dei “professionisti della spacconata”. Fei-Fei Li ricorda quei Ceo che «pronunciavano discorsi che andavano dal visionario al maldestro all’autenticamente offensivo, promettendo macchine che presto si sarebbero guidate da sole, algoritmi virtuosi per l’individuazione di tumori e la completa automazione delle fabbriche».
Ci è voluto ben poco perché si sviluppasse anche una paura diffusa nei confronti dell'AI, legata ai «danni sempre più numerosi provocati dai bias algoritmici, i timori di licenziamenti diffusi e le visioni inquietanti della sorveglianza». L'intelligenza artificiale non era più un fenomeno ma «una forza della natura. Una cosa talmente grossa, potente e capricciosa che avrebbe potuto distruggere con la stessa facilità con cui riusciva a ispirare».
Da qui l'urgenza di uscire da una situazione che Fei-Fei paragona «all’epoca pre-newtoniana di Galileo e Tycho Brahe, quando i fenomeni venivano osservati, catalogati e previsti ma non era ancora stato formalizzato un modello unificato».
La parola chiave è responsabilità. «Ripensare l’AI dalle basi come una pratica incentrata sugli esseri umani. Non lo considero tanto un cambiamento nella direzione del viaggio quanto un ampliamento del suo respiro».
Per questo ha creato realtà non-profit come l'AI4All, oltre allo Human-Centered AI Institute a Stanford, di cui è co-direttrice.
Ricordandoci che tutto dipende «da cosa ci motiva, nel cuore e nella mente, quando creiamo», a prescindere dal campo di applicazione, scientifico, artistico, sociale.
L'AI è uno strumento potentissimo nelle nostre mani, sta a noi decidere come utilizzarlo.
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