Il futuro è già iniziato
da tempo, ma c'è chi sembra non accorgersene. Sta passando il treno di una rivoluzione del mercato
(locale e globale) che rischia di lasciare molte aziende ferme a guardare, perché legate a un vecchio modo di fare comunicazione.
Il marketing digitale
è in piena trasformazione. Non è solo questione di “essere online”
o di avere un profilo social aggiornato: oggi le aziende si trovano davanti a un cambiamento silenzioso ma profondo, trainato soprattutto dall’intelligenza artificiale. E non si tratta di una moda passeggera. L’AI sta cambiando il modo in cui si creano contenuti, si gestiscono i clienti, si analizzano i dati e si prendono decisioni strategiche.
Eppure, nonostante le potenzialità, il divario tra chi ha colto il cambiamento e chi resta ancorato al passato è ancora ampio. Basti pensare che, secondo una recente indagine sulle aziende di Milano, Monza e Lodi
(realizzata da Promos Italia
e presentata al Digit Export Day), quasi un’azienda su tre continua a usare esclusivamente l’agenda cartacea per gestire contatti e appuntamenti. Altro che automazione...
In compenso, dice la ricerca, il 77% delle aziende
ha previsto di aumentare gli investimenti in tecnologie digitali. Se è vero che il 60% non va oltre i 10mila euro, c'è anche un 12% che arriva a 20mila, l'8% a 50mila, il 5% fino a 100mila e l'1% oltre i 500mila euro di investimento. Non è difficile immaginare quali sono le aziende che crescono di più in termini di fatturato...
Per la maggior parte delle aziende, lavorare sul web significa investire nel proprio sito web (79%) e nei social media (60%), ma sono in aumento anche l’e-mail marketing (47%) e la pubblicità sul web
(23%). E l'intelligenza artificiale? In grande crescita. Un'azienda su quattro la utilizza per analizzare i dati dei clienti e offrire vendite personalizzate. Il 12% lavora con gli algoritmi di pricing. Il 19% scommette sui chatbot. Ma cresce anche la consapevolezza delle potenzialità dell'AI sul fronte della comunicazione.
L’IA entra in gioco (e fa sul serio)
Il marketing digitale potenziato dall’intelligenza artificiale
consente oggi di fare cose che fino a poco tempo fa sembravano impossibili o troppo costose per le PMI. Parliamo ad esempio di contenuti personalizzati
creati automaticamente in base al comportamento degli utenti, chatbot attivi 24 ore su 24, algoritmi che regolano dinamicamente i prezzi, oppure sistemi capaci di analizzare grandi volumi di dati per suggerire la strategia migliore.
Non è un caso se molte imprese nella Grande Milano hanno già cominciato a usare l’AI per migliorare la propria presenza sul mercato (anche estero): oltre l’87% la impiega per creare contenuti testuali e il 37% anche per immagini. E non parliamo solo di big player. Anche le PMI possono — e devono — approfittare di questi strumenti per rimanere competitive.
PMI: una sfida tra cultura e opportunità
Le piccole e medie imprese italiane si trovano a un bivio. Da un lato, l’offerta di strumenti digitali è sempre più accessibile: ci sono CRM avanzati, automazioni per l’email marketing, software per la gestione dei social e tanto altro. Dall’altro lato, però, c’è ancora una certa resistenza culturale, una preferenza per il “faccio come ho sempre fatto” che, in un mondo in rapido cambiamento, può diventare un limite.
In effetti, mentre alcune PMI hanno capito che una buona strategia digitale può farle crescere più velocemente, molte altre continuano a esitare, vittime di uno scetticismo paralizzante. Alcune per mancanza di competenze interne, altre per paura di affrontare l’investimento iniziale. Eppure oggi esistono soluzioni scalabili, su misura anche per i piccoli business.
Personalizzazione sì, ma con giudizio
L’altro lato della medaglia è la gestione dei dati. L’intelligenza artificiale funziona bene perché ha accesso a tante informazioni, ma questo implica una responsabilità non da poco. Le aziende devono essere trasparenti, rispettare la privacy degli utenti, costruire relazioni basate sulla fiducia. Perché se l’AI sa cosa vogliamo prima ancora che lo scriviamo, dall’altra parte ci dev’essere una strategia umana etica e coerente.
Non solo: oggi non basta più “dire qualcosa”, bisogna anche “piacere” agli algoritmi. L’AI non solo supporta il marketing, ma valuta anche i messaggi. Analizza testi, immagini e toni, e può influenzare la percezione del brand anche in modo inaspettato. Un video “troppo complicato” o un messaggio “poco empatico” potrebbero penalizzare la comunicazione, anche se ben pensata. Ecco perché servono figure capaci di parlare sia agli esseri umani che alle macchine.
Creatività e tecnologia: un’alleanza possibile
Il rischio è credere che l’AI sostituirà la creatività. In realtà, le aziende più avanti non stanno scegliendo tra umano e digitale: li stanno facendo lavorare insieme. L’intelligenza artificiale può generare bozze, analizzare i trend, proporre varianti. Ma poi serve sempre una mente (umana) che conosca il contesto, il cliente, la strategia. E servono software in grado di farli interagire efficacemente.
In definitiva, il marketing digitale del futuro — che poi è già il presente — sarà sempre più un mix di automazione intelligente e intuizione umana. Le imprese che sapranno combinare questi elementi saranno quelle che riusciranno davvero a distinguersi.