L'intelligenza artificiale
in Italia? Un mercato cresciuto del 52% nel 2023. Uno sviluppo che vale 760 milioni di euro. Vale soprattutto per le grandi aziende – il 61% dichiara di aver attivato progetti di AI – ma
cominciano a muoversi anche le PMI (18%).
D'altra parte il 2023 verrà ricordato, in futuro, come l'anno della svolta, un vero e proprio spartiacque, dovuto al successo della Generative AI, quella capace di creare testi, immagini, audio e video, grazie ad algoritmi di unsupervised learning, le cui prime applicazioni stanno avendo una diffusione impressionante. Il 25% degli italiani ha interagito con ChatGPT
almeno una volta.
Ma c'è anche l'altro lato della medaglia. I timori legati a questa tecnologia, che preoccupano il 77% degli italiani (un dato in crescita del 4% rispetto al 2022). E la stima di 3,8 milioni di posti di lavoro
che, nei prossimi dieci anni, potrebbero essere sostituiti dalle nuove capacità delle macchine.
Una delle sfide aperte
da questa nuova frontiera, che però non deve suscitare solo preoccupazioni, ma produrre una riflessione collettiva, stimolare la creatività, forse anche il ripensamento delle condizioni di lavoro, il welfare, certe dinamiche sociali che davamo per scontate. Per scoprire magari che l'AI potrebbe favorire nuove straordinarie opportunità.
I numeri sono il frutto del lavoro degli
Osservatori Digital Innovation, una realtà nata nel 1999 all'interno della
School of Management del Politecnico di Milano
per
«fare cultura in tutti gli ambiti di innovazione digitale», diventata un punto di riferimento per la ricerca in Italia, oltre che per la divulgazione e l'aggiornamento. Le loro
infografiche (da cui è tratta l'immagine in alto)
sono una sintesi del lavoro portato avanti dai 51 osservatori, con 24 mila partecipanti, 450 imprese a supporto, 168 persone attive nella ricerca e nello staff, oltre al personale accademico.
L'intelligenza artificiale
è diventato uno dei temi di maggior interesse, ma si parla anche di blockchain e cybersecurity, di metaverso e data center, di innovazione digitale nelle PMI, smart agrifood, sanità digitale... Gli spunti sono davvero tanti e infatti ne riparleremo nelle prossime settimane.
Notiamo, ad esempio, che la spesa delle aziende in cybersecurity è aumentata del 16%
rispetto al 2022, anche perché il 74% ha rilevato un aumento degli attacchi.
Che il mercato Internet of Things
ha toccato quota 8,9 miliardi di euro, trainato dall'aumento dello Smart Car (1560 milioni, +11%), lo Smart Factory (+16%) e lo Smart City (+15%); con l'87% delle aziende che ritiene rilevante il tema Industria 4.0, ma si trova alle prese con la riduzione di incentivi e bonus.
Si parla della digitalizzazione, in cui l'Italia è ancora indietro, anche se ora può sfruttare la spinta offerta dal PNRR.
Di mobilità connessa, con un mercato che tocca quota 16,9 milioni di auto, un 37% di aziende che lavora con flotte di veicoli connessi e un 70% che guarda con favore al noleggio (mentre c'è più scetticismo sulla guida autonoma).
La pandemia, si sa, ha spinto al rialzo il consumo di contenuti digitali, che ora si sta stabilizzando. Di fatto, ormai, il 97% degli italiani possiede uno smartphone e il 62% una smart tv.
L'eCommerce
è aumentato di un altro 8% (35 miliardi di euro) e ormai ha raggiunto l'11% del retail totale. Fa impressione il numero di negozi che hanno chiuso in un anno (12.588, su un totale di 568.933), ma anche lo sviluppo di quegli esercizi commerciali che sfruttano le potenzialità del web, semplificano l'esperienza di acquisto e lavorano sul consolidamento del rapporto con il cliente.
Poi c'è l'Internet Advertising, che ormai corrisponde al 49% di tutto il mercato pubblicitario italiano – in crescita del 9% nel 2023 – anche se l'82% è generato da player internazionali.
Le PMI investono nel digitale, anche se un po' confusamente. Si parla, per molti, di «assenza di adeguate competenze in azienda», così come di «incertezza nell'adozione di nuove tecnologie». Ma il 65% programma investimenti in questo campo e il 76% è consapevole del legame tra lo sviluppo digitale e la “transizione verde”, che viene ritenuta una priorità.
Il digitale aiuta anche l'inclusione e l'accessibilità in ambito culturale: il 74% dei musei sta lavorando alla digitalizzazione del patrimonio, anche se solo il 3% utilizza l'intelligenza artificiale (per lo più in forma di chatbot).
Si parla poi degli investimenti nell'innovazione degli studi professionali e di chi lavora nel turismo, di sostenibilità alimentare e agricoltura 4.0 (ma il 37% delle aziende italiane non conosce le pratiche del “carbon farming”), dei progetti Smart City.
Uno degli aspetti che suscita maggior interesse, è quello delle prospettive legate alla cura. Molte start-up stanno investendo sul fronte della medicina personalizzata, sfruttando le tecnologie più innovative. Si contano già 93 Dtx (terapie digitali) disponibili sul mercato. Ma ci sono grandi attese soprattutto sull'apporto futuro dell'AI in questo campo. L'81% degli italiani si aspetta molto anche dal telemonitoraggio
e il 41% utilizza abitualmente il fascicolo sanitario elettronico.
Resta, infine, la lentezza con cui le aziende italiane stanno procedendo nella trasformazione digitale, al di là della fatturazione elettronica obbligatoria. E resta anche il mismatch tra le richieste delle aziende e le aspettative dei lavoratori: il 57% fatica a trovare candidati
con competenze tecniche adeguate, soprattutto nel campo dell'innovazione, e addirittura l'88% dichiara di avere difficoltà ad assumere personale.
Una cosa è certa: di fronte a cambiamenti tanto profondi e veloci, c'è un estremo bisogno di conoscenza, aggiornamento, curiosità. Servono osservatori capaci di fotografare la realtà in mutamento e imprese (e lavoratori) capaci di incanalare lo sviluppo in una direzione che porti benefici per tutti. Si cresce tutti insieme.