«L'intelligenza artificiale non è un'opzione. È un fattore irreversibile e strutturale di cambiamento. Contribuirà a migliorare, semplificandolo, il lavoro di individui e aziende».
Partiamo da qui, dalle parole perentorie di Giuliano Noci, vicerettore del Politecnico di Milano, che ha aperto la due giorni di AI Transition. È finito il tempo dei dibattiti astratti ed è cominciato quello della discussione sulle cose da fare. Subito.
Anche perché «l'Italia non sta toccando palla. Sull'AI in Europa investiamo il 5% rispetto agli Stati Uniti. Va bene avere un apparato di regolamentazione, ma vogliamo parlare anche della sostenibilità economica?». Non c'è più tempo da perdere. Soprattutto sul fronte delle applicazioni AI, su cui possiamo dire la nostra. «Abbiamo bisogno di costruire una nuova Autostrada del Sole, che però lavora sui dati. Servono infrastrutture digitali. Dobbiamo contribuire a creare consapevolezza nel paese. La sfida sarà sulle applicazioni di intelligenza artificiale. Dobbiamo condividere dati anche tra competitor, per creare algoritmi che preservino la nostra differenza culturale. Serve una fondazione, una sorta di nuova Iri, che innervi il nuovo sistema industriale del Paese, sapendo che bisogna lavorare sugli intangibili. E c'è un disperato bisogno di formazione e di competenze».
Ecco perché l'evento organizzato a Milano da Il Sole 24Ore, il 13 e 14 novembre, è stato presentato come “fondativo”. Si è parlato dell'intelligenza artificiale come «la più grande opportunità della nostra generazione». Ma soprattutto se n'è parlato dal punto di vista delle aziende. Sottolineando comunque la necessità di «governare questa tecnologia, per farne un uso corretto – come ha detto Stefania Pompili, Ceo di Sopra Steria Italia. - Dobbiamo spostare il punto di vista sull'uso che vogliamo fare di questi algoritmi. Bisogna immaginare un mondo in cui innovazione e diritti vanno di pari passo. L'etica non deve essere per forza un freno allo sviluppo».
L'umore degli imprenditori? Pur tra tanti dubbi e difficoltà, lo ha riassunto Alberto Forchielli, Founder Partner di Mindful Capital Partners, uno abituato a dire ciò che pensa senza troppi giri di parole. Forchielli si è detto «assolutamente positivo nei confronti di questa tecnologia, senza capirci un ca...», buttandola sull'ironia: «Io uso l'AI per disperazione. Sono trent'anni che questo paese non cresce come produttività. Questa è l'ultima spiaggia. Le abbiamo provate tutte».
Tanti i temi affrontati, le esperienze raccontate, anche i consigli pratici forniti alle imprese, da esperti, manager, comunicatori. Angelo Mazzetti, di Meta Italia, ha sottolineato l'importanza dell'open source, «che garantisce maggiore sicurezza, controllo, trasparenza, e dà accesso a una tecnologia fondamentale che presenta molti colli di bottiglia (dati, conoscenze tecniche, capacità computazionali, investimenti...). Dà anche la possibilità di indirizzare le risorse in applicazioni che hanno un maggiore valore aggiunto. In questo senso sarà importante investire in competenze specifiche e creare applicativi in settori in cui magari l'Europa eccelle, senza dover spendere miliardi».
In molti hanno affrontato il tema delle infrastrutture tecnologiche, così come la necessità di creare un “ecosistema” integrato. Si è parlato di Industria 5.0 e delle opportunità per le PMI (questo è il momento di investire!), di settore manifatturiero, sanità, energia, telecomunicazioni, dell'impatto nei processi di innovazione e quello nella produzione, dell'emergenza formazione (serve un piano nazionale), la sfida politica e quella imprenditoriale, le professioni emergenti.
Di particolare rilievo, per chi come noi lavora sugli applicativi AI, la discussione sulla “rivoluzione del marketing”. Come diciamo spesso: va bene la pubblicità, ma oggi abbiamo gli strumenti per individuare chi sta cercando i nostri prodotti o servizi online, trasformando l'utente in cliente (il lavoro che fa il software Uni).
Lo ha sottolineato anche Luca Colombo, Country Director Italy di Meta (che controlla Facebook, Instagram, WhatsApp), dopo aver raccontato come cambierà l'accesso a internet nei prossimi anni, non più legato solo a smartphone e pc, ma ad oggetti e accessori indossabili. «Sta avvenendo una rivoluzione culturale nel business. Nel 2010 il mondo pubblicitario era un po' digitale, ma ancora molto legato alla pagina cartacea e allo spot televisivo. La pubblicità veniva erogata in base ad affinità del target. Con l'utilizzo dei dati, abbiamo introdotto la capacità di targettizzare meglio le persone, arrivando proprio a quelle che stiamo cercando. Oggi, con l'AI, le macchine non lavorano più per target. Se ben configurata, la macchina ti permette di arrivare direttamente al cliente ideale e quindi raggiungere il risultato, che sia vendere i tuoi prodotti o veicolare il traffico su un sito».
La rivoluzione è già cominciata.
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